PET THERAPY: UN GOLDEN RETRIEVER CUCCIOLO PER AMICO
Se provassimo a domandare a tutti i visitatori che passano a trovarci al MyDog Inn quali siano i ruoli principali che vengono attribuiti ai nostri cuccioli di cane, siamo piuttosto sicuri che le risposte, inconsapevolmente, condurrebbero ad una serie precisa di attività:
- Cani da caccia
- Cani da compagnia
- Cani da riporto
- Cani da guardia
Ci hai pensato anche tu? E’ perfettamente comprensibile: noi stessi, all’interno delle nostre pagine, abbiamo riservato ampi spazi di discussione proprio attorno a questi differenti impieghi. Eppure ce n’è uno che spicca ancora troppo poco. Un compito che, per il suo valore terapeutico, possiede una grandissima importanza.
Che cosa è la pet therapy?
Se dicessimo che si tratta, come suggerisce il nome, di una vera e propria terapia creeremmo certamente un po’ di confusione. Quando elogiamo le virtù del cucciolo Golden Retriever all’interno di un percorso di pet therapy, facciamo riferimento alle capacità innate del suo carattere (di cui sono dotate alcune razze) di “supportare” i periodi di cura, convalescenza o trattamento, apportando un proprio contributo solitamente emotivo alla terapia stessa.
E’ stato ampiamente dimostrato, infatti, che la presenza di un cane (che sia un cucciolo Golden Retriever o altro esemplare) al fianco di un malato o, in generale, di un paziente che stia dimostrando scarsa collaborazione e adattamento, può aiutare a sciogliere la reticenza (fisica, emotiva, psicologica) ed aprire linee di confronto prima inesistenti.
Si tratta, perciò, di una terapia “ausiliaria”, un apporto che viaggia parallelamente alle terapie farmacologiche, psicologiche, psicoterapeutiche e che si fonda sulla creazione di un legame tra la persona e l’animale (nel nostro caso il Golden Retriever cucciolo). Lo scopo dell’animale diviene, quindi, quello di funzionare da ponte tra il medico ed il paziente, tra il paziente e la guarigione.
Ancora un po’ di storia!
I primi accenni alla pet therapy risalgono indicativamente agli anni sessanta. Sembra che in quel periodo lo psichiatra infantile Boris Levinson avesse preso l’abitudine di farsi supportare nelle sue sedute dalla presenza vigile ed affettuosa degli animali. La loro partecipazione e compagnia, secondo quanto riportato dalle sue teorie, apportava uno stimolo notevole alla guarigione nei suoi piccoli pazienti, in modi allora sconosciuti. Vediamone qualcuno:
- favorendo la creazione di un rapporto reattivo ed emotivo, reso possibile dalla naturale inclinazione di un cucciolo Golden Retriever, ad esempio, a stimolare l’affetto e la serenità;
- fornendo un diversivo alla tristezza, all’inquietudine, alla sofferenza, alla depressione ed alla solitudine, attraverso attività che sostenevano la collaborazione tra le parti (rafforzando, conseguentemente, il legame in essere);
- alleviando gli stati d’ansia attraverso un’interazione che, risolvendosi tra uomo ed animale, rendeva accessorio il ricorso supplementare a trattamenti farmacologici;
- incoraggiando la ripresa fisica in seguito a forti traumi o quella mentale durante la riabilitazione dei bambini autistici;
- generando impulsi (solitamente sopiti) alla comunicazione anche nelle sue forme più semplici;
- abbattendo qualsiasi timore insito nel paziente e legato al rapporto con i simili: la paura del contatto, di essere giudicato, di essere sminuito, di essere paragonato ad altri, di non meritare o non essere in grado di stabilire un rapporto esterno.
Nella spontaneità degli animali, nel modo genuino con cui sono in grado di dare senza chiedere, di racimolare coccole e sorrisi senza altro che un’occhiata, un colpetto umido del naso, il terapeuta riesce a scorgere uno scorcio di speranza, uno stimolo a forme di comunicazione che mancherebbero, diversamente, tra dottore e paziente.
Ci sono voluti, tuttavia, ancora trent’anni prima che quelle teorie trovassero credito di più ampio respiro. Siamo quasi nell’anno duemila, infatti, quando in Australia emerge la cosiddetta Delta Society: un’associazione che nasce proprio allo scopo di esaminare e valutare concretamente i benefici che il malato può trarre dalla vicinanza di un cucciolo Golden Retriever o di un altro esemplare durante il suo periodo di trattamento e convalescenza.
Al giorno d’oggi la fiducia in questa tipologia di supporto si è rafforzata e sviluppata a tal punto che puoi facilmente sentire parlare di pet therapy in ambienti importanti come gli ospedali, le case di riposo, le case di cura, le comunità e persino le scuole.
Cani, ma non solo.
Il nostro cucciolo Golden Retriever è sicuramente tra gli esemplari più portati ad ottenere risultati promettenti durante il trattamento, ma non è l’unico utilizzabile. In alternativa ai cani, infatti, vengono impiegati anche cavalli, conigli, gatti e, perché no? Asini (purché tutti opportunamente certificati e controllati nello stato fisico e comportamentale). La scelta della specie dipende da alcuni fattori fondamentali e strettamente legati non solo alla terapia in se stessa, ma anche alle inclinazioni del paziente coinvolto:
- le attitudini dell’animale e della persona, che dovranno essere compatibili per non generare ulteriori stati di conflitto;
- lo stato fisico ed emotivo della persona in terapia;
- eventuali allergie o paure del paziente;
- la morfologia e la taglia dell’animale, non necessariamente proporzionate a quelle della persona.
Maggiori risultano l’affinità e l’armonia internamente alla coppia e maggiori divengono le probabilità che il rapporto possa portare frutti concreti nell’apertura alla terapia, nell’apprendimento di concetti fino a quel momento rifiutati, nello sviluppo di nozioni che potrebbero sembrarci del tutto scontate (e non lo sono) come il rispetto, la comprensione delle esigenze altrui, la fiducia e l’attenzione.
Una vera e propria equipe per una terapia piena di soddisfazioni e priva di rischi.
Accanto all’esemplare selezionato (come potrebbe essere un cucciolo Golden Retriever), è necessario che siano presenti anche alcuni specifici ruoli, basilari per ottenere un risultato senza pericoli. Tra questi vogliamo ricordare l’educatore dell’animale (la cui presenza risulta essenziale durante le sedute, proprio per l’addestramento seguito in previsione delle stesse), un educatore consapevole del tipo di rapporto che si andrà ad instaurare ed il veterinario preposto ad assicurarsi uno stato di salute costante.
E’ utile diffidare di chi si presenti in qualità di promotore della pet therapy senza disporre di credenziali: perché l’animale sia in grado di gestire (e dedicarsi a) la terapia senza inconvenienti è indispensabile che sia stato opportunamente addestrato e seguito, proprio perché il rapporto che andrà ad instaurare non è convenzionale ed è caratterizzato da esigenze speciali.
Perché il cucciolo Golden Retriever?
Un cucciolo Golden Retriever si presta, per indole, ad offrire supporto sotto innumerevoli aspetti: possiede una capacità di apprendimento notevolmente rapida; si adatta facilmente al contesto in cui viene inserito; è perfettamente capace di dimostrare affetto e di prestarsi a riceverlo senza alcuna indiscreta invadenza; mostra inclinazione al gioco ma sa contenersi senza eccessi, coerentemente con l’indole equilibrata; soprattutto è molto intelligente, e sa conferire alla terapia un apporto personale che non necessita di istruzioni.